lunedì 11 maggio 2009

da "La Stampa" del 9 maggio 2009

Marco Olmo giovedì sera è entrato ufficialmente nella leggenda del suo paese, Robilante, quando i compaesani hanno riempito il teatro della Confraternita, molti in piedi, per rendere omaggio, o meglio affetto, al grande atleta di sessant’anni.
L’occasione era rappresentata da una parziale anteprima di un filmato a lui dedicato, promosso dal Comune, che verrà completato in estate. Gli autori sono Paolo Casalis e Stefano Scarafia ( www.unpassodopolaltro.it ), che lo hanno presentato insieme con il sindaco Claudio Campana. C’era anche la moglie di Olmo, Renata, che ha un ruolo nel filmato.













In realtà Marco Olmo era già figlio di leggenda, nata molto prima in Africa e in Francia grazie alle incredibili imprese di maratoneta, lungo i percorsi dei deserti africani.
Fra questi, la Marathon des Sables, corsa di 235 km nel Sahara; la Desert Cup in Giordania (vinta 4 volte ).
O ancora le lunghe corse sui sentieri alpini: la Cro Magnon da Limone a Cap d’Ail (anch’essa vinta quattro volte) o la leggendaria North Face Ultra Trail di Mont Blanc, che si è aggiudicato per la seconda volta nel 2007 su un percorso di 163 chilometri, 8.900 metri di dislivello, sbaragliando 2.300 concorrenti.
Un campionato del mondo di corsa in montagna che gli ha permesso di conquistare grande notorietà in alcuni ambienti. Ma dalle sue parti aveva ancora la remora del «nemo propheta in patria», da qualche tempo dissipata.
Ora sono in molti a chiedersi se la parabola di Marco Olmo abbia iniziato la discesa.
Ma quando gli si chiede che cosa abbia fatto ultimamente e quali siano i suoi programmi per i prossimi giorni, la risposta è ancora quella di un atleta nel pieno dell’attività. «Tra marzo e aprile - spiega - ho corso la Maratone des Sables, in Marocco, per abitudine, visto che l’ho fatta 12 volte: mi sono piazzato dodicesimo.
La prossima settimana parteciperò alla Namibia, nel Mali. E’ la prima edizione, sono curioso: si corre nel deserto più vecchio del mondo, l’unico dove vivono ancora gli elefanti».

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