martedì 24 giugno 2008

Classifica Grand Raid du Cro Magnon 2008








E' on-line la classifica 2008 della Cromagnon.
Primo posto, seppur con qualche polemica, per Dawa Sharpa, secondo per Antoine Gullon, terzo per Massimo Tagliaferri.















Marco si è classificato 4°(e, ovviamente, primo della sua categoria) , un ottimo risultato che però non lo ha assolutamente soddisfatto.
( un grazie ad Angelo Saimandi per le foto della premiazione a Cap d'Ail )

lunedì 16 giugno 2008

da "La Stampa" del 15-02-2008
L'uomo che ha fermato il tempo, di Guido Tiberga

Marco Olmo
A sessant’anni è il più forte del mondo

L’atleta è un uomo che ha deciso di spostare indietro le mura della propria prigione». Antoine Blondin in Italia non lo conosce nessuno, soltanto chi corre. Perché se corri la frase di questo francese metà romanziere metà cronista te la sei sentita ripetere un milione di volte: quando perdi e ti chiedi chi te l’ha fatto fare, quando stai male per la fatica, quando ti viene voglia di mollare tutto e chissenefrega se le pareti degli altri sono più strette delle tue.

Il mondo dei vinti
«Io non ho mai visto né mura né prigioni. Io sono sempre stato libero, perché solo chi è libero può correre davvero». Marco Olmo è seduto sulla piazza di Robilante, di fronte le montagne dei partigiani e dei contrabbandieri, alle spalle il cementificio che non farà bene all’ambiente ma da queste parti ha dato da mangiare a tanta gente. Ha gli occhiali a specchio, il berretto con la visiera, il giubbotto di pile e le scarpe da riposo. Veste come un qualsiasi atleta dopo l'allenamento, e in effetti alle dieci di mattina ha già trovato il modo di correre un paio d’ore, però a guardarlo non diresti che è lui l’ultramaratoneta più forte del mondo, quello che ha vinto i due ultimi «Trial du Mont Blanc»: 163 chilometri senza fermarsi su e giù per le cime del massiccio più alto d’Europa. O la Marathon des Sables nel Sahara, o la Desert Cup in Giordania, dove «dicono che ci sono quaranta gradi all’ombra, ma io l’ombra non l’ho vista mai». Non lo diresti perché ha la fronte stempiata, le rughe intorno agli occhi e la barba sale e pepe. Perché il prossimo ottobre Marco Olmo farà sessant’anni.
«Io vengo dal mondo dei vinti», dice l’uomo che ha fermato il tempo. E fa specie sentirlo da uno che ha messo in fila i corridori più pazzi di quattro continenti: marocchini, nepalesi, francesi, americani come Dean «Karno» Karnazes, quello delle cinquanta maratone in cinquanta giorni di seguito, quello che ha raccontato le sue imprese in un libro venduto in tutto il mondo, ma sul traguardo del Bianco ci è arrivato stravolto, con sei ore di ritardo. «Aveva pure chiamato i giornalisti, prima. Diceva che mi avrebbe distrutto, con la sua tecnologia e le sua maglietta piena di patacche e di sponsor. C’è rimasto male, quando mi ha visto andar via con lo zainetto fatto in casa, i fuseaux a fiori e la mia corsa da Fantozzi. Alla fine, però, è venuto a stringermi la mano: i podisti non si prendono a testate...».

L’acqua nel pozzo
I «vinti» del mondo di Olmo non sono Karno e i suoi amici d’America. Sono i vecchi piemontesi di Nuto Revelli, «i contadini che hanno rinunciato alla terra, come ho fatto io a vent’anni. E’ un buco che ti resta dentro. In casa mia non c’era la luce, e l’acqua stava fuori nel pozzo. Fratelli? Nessuno, solo un paio di vacche e qualche capra. Scuola? Elementari e basta. Sport? Non sapevo neanche che roba era. Però se c’era da correre, correvo: ogni volta che c'era bisogno di qualcosa era tutto un “vai Marco”. E io andavo, su e giù per i pascoli. A pensarci era una bella vita: il mangiare c’era sempre, la gente si aiutava e non aveva bisogno di niente. Mica come adesso, che hai tutto e non ti basta mai».
Un bambino veloce sui prati, come i piccoli africani che a forza di correre verso la scuola si ritrovano alle Olimpiadi, ricchi e famosi. «Ricchi e sfruttati. Per ognuno di quei ragazzi c’è un esercito di gente che mangia: l’allenatore, il preparatore, il manager, i falsi amici che spariscono quando comincia ad andar male. La cosa più bella della corsa è che sei da solo, con le tue gambe e la tua testa. Non mi piacciono le gare dove quando arrivi secondo hai perso tu, e quando sei primo hanno vinto tutti. Non mi piacciono i corridori professionisti: io sono uno che lavora per vivere e vive per correre. Non si può correre per lavoro: non è naturale. La fatica ha un senso solo se scegli di farla: chi lavorerebbe in un ufficio con 40 gradi? Nessuno, eppure in vacanza tutti vanno in spiaggia a morire di caldo: la corsa è uguale, rendila obbligatoria e fa schifo. Non mi piacciono neppure quelli che parlano di sfide personali e poi si appoggiano agli altri: gli alpinisti che vanno sull’Everest con la scorta dei portatori. Che senso ha? Io corro per me, ma corro da solo».

Poeti
Nel ‘68, Marco diventa un «vinto»: lascia la campagna per salire su un camion prima e su una gru poi, a spostar massi giù al cementificio. Di correre non se ne parla, fino a una gara di paese per i sentieri di Robilante, su verso i monti. «Sono arrivato sesto su sette, e soltanto perché l’altro aveva sbagliato strada. Avevo 27 anni, a quell’età molti hanno già smesso. Io ho continuato, anche se non era facile: qui la gente è fatta a modo suo. Io correvo per il paese, e loro ridevano».
Ora a Robilante non ride più nessuno: passano in piazza e salutano il loro campione, tutti, uno per uno. Al bar dell’angolo, ormai, la cosa più strana non è che uno sia il più forte del mondo a 60 anni, ma che si possa correre tanto senza mangiare carne. «Sono vegetariano per scelta. Se per nutrire una vacca ci vanno 15 chili di cereali al giorno, tanto vale mangiarsi i cereali e lasciar stare la vacca. La forza? Quand’ero piccolo la carne non la mangiava nessuno. Eppure tiravano su sacchi da mezzo quintale come fossero carta».
Un giorno, Eugenio Montale disse che amava la corsa «perché era poesia», e che quando sognava «sognava di essere un maratoneta». L’uomo che ha fermato il tempo gli sarebbe piaciuto. «Ricordo un’alba sul Bianco, con il sole riflesso sulla parete. Era bellissimo», sorride Olmo. Poesia? «Forse soltanto sollievo: stavo correndo già da dodici ore, e alla fine ne mancavano appena nove».

Marco Olmo
ETA’
: E’ NATO A ROBILANTE (CUNEO) L’8 OTTOBRE 1948.
LA CARRIERA: HAVINTO LA MARATONA DELLE SABBIE (TRE VOLTE), LA DESERT CUP, LA CROMAGNONS (SEI VOLTE), LA DESERT MARATHON DI LIBIA (QUATTRO VOLTE), L’ULTRA-TRAIL DU MONT BLANC (DUE VOLTE, NEL 2006 E NEL 2007)

Il Grand Raid du Cro-Magnon

Gli Ultra-trail sono gare di gran fascino che però non hanno ancora avuto l’esposizione mediatica che è stata offerta ad altre competizioni estreme come l’Iron Man. Uomini e donne che corrono su sentieri di montagna e affrontano dislivelli incredibili sono il punto estremo del running a contatto con la natura e alla ricerca del limite umano.

Fra gli Ultra-trail più affascinanti sicuramente c’è il Grand Raid du Cro-magnon una gara di montagna di circa 104 km, con 5.400 metri di dislivello positivo e -6.400 metri di dislivello negativo. La partenza è prevista il sabato 14 giugno a Limone, in Piemonte e l’arrivo, il giorno successivo in Francia, a Cap d´Ail Côte d´Azur.
Come si legge sul sito ufficiale: il percorso collega queste due cittadine valicando le Alpi ed arrivando fino al mare, sulla Plage Marquet, di fianco a Monte Carlo, principalmente lungo sentieri di montagna.Questa prova prevede numerosi passaggi in altitudine, fino a 2500 m, e le condizioni possono essere difficili ( freddo, vento, pioggia o neve, nebbia). In certe situazioni meteo possono diventare “estreme”. Un accurato allenamento, una buona conoscenza della montagna e una solida capacità d’autonomia personale sono indispensabili alla riuscita di questa avventura individuale.

Contemporaneamente si svolge il mini trail detto Neander-trail, prova notturna di 56 km ( 1700 m positivi e – 3500 m negativi) la cui partenza è data a metà percorso del Cro.Magnon, alla Tête de St. Martin al Camp d’Argent.
Queste due prove si sviluppano allo stesso tempo, in una sola tappa. Entrambi i trails richiedono ai concorrenti una presa in carico di sè stessi. Essi dovranno sempre avere con loro il materiale obbligatorio la cui lista è dettagliata all’Arti. 16. In particolare per il CRO-MAGNON un aspetto fondamentale è l’abbigliamento, poiché nella prima parte del percorso la temperatura può discendere ben sotto gli 0°C e si possono verificare della bufere di neve.
Il tempo massimo per essere classificati è di 30 ore per il CRO-MAGNON e di 15 ore per il NEANDER-TRAIL, comprese le eventuali soste, a condizione d’aver rispettato le barriere orarie intermedie indicate sul Carnet de Route (Road Book) e sul sito Cromagnon-extremerace.com.

Gran raid du Cro Magnon 2008





























Venerdì 13 e Sabato 14 giugno abbiamo seguito Marco Olmo al Gran raid du Cro Magnon 2008: partenza da Limone Piemonte, arrivo a Cap d' Ail, vicino a Montecarlo.
Gara bellissima, dal freddo della montagna, con una spruzzata di neve che aveva imbiancato le cime sopra Limone 1400, al caldo di Sospel e dei sentieri dell'entroterra francese, fino all'arrivo sul lungomare di Cap d'Ail.















Un ringraziamento a Pietro (organizzatore della Cro-Magnon) per le bellissime immagini di questo post; sul sito ufficiale della Cro-Magnon trovate un'ampia galleria di immagini.
Presto sul sito del documentario e su queste pagine il resoconto della gara di Marco e degli altri concorrenti.

Purtroppo non abbiamo potuto assistere alla premiazione di domenica: se qualcuno avesse delle fotografie o dei filmati della premiazione, è pregato di scrivere a info@unpassodopolaltro.it

Cos'è questo Blog?

Il Blog che stai leggendo è una costola del sito internet www.unpassodopolaltro.it, dedicato al Documentario "Un passo dopo l'altro. La sfida di un Uomo, di un Paese, di una Valle intera".
Un film di Paolo Casalis e Stafano Scarafia, della durata prevista di 52', in cui racconteremo la storia di Marco Olmo.
Marco Olmo è il più forte ultramaratoneta al mondo.
Corre ininterrottamente per più di 160 Km, venti ore di gara in condizioni estreme, nel deserto del Marocco o sul Monte Bianco, a 2500 metri d’altezza.

Marco è di Robilante, un piccolo paese delle Alpi piemontesi in Valle Vermenagna, poco oltre Cuneo. L’8 di ottobre compirà 60 anni.
Nato da famiglia contadina, a vent’anni ha lasciato la campagna per lavorare nel cementificio del paese.
Una scelta sofferta ma obbligata che lo ha segnato per sempre: ancora oggi, nonostante i trionfi sportivi, si definisce un “vinto”.
Racconteremo la storia di un uomo fuori dagli schemi, lo seguiremo durante gli allenamenti preparatori in vista della sua prossima e forse ultima gara: l’Ultra Trail Tour du Mont Blanc, la più dura d’Europa.
Lungo quei sentieri incontreremo i suoi compaesani e primi tifosi. Allevatori, contadini, imprenditori e musicisti, guide turistiche e formaggiai. I nuovi e i vecchi abitanti della valle e, per estensione, della Montagna tutta. Marco sarà la guida che ci permetterà di penetrare questa realtà.
Seguendo i suoi passi, raccoglieremo le storie di un mondo in trasformazione alla ricerca di un’identità. Sarà un film che metterà a confronto gli uomini e il loro territorio in un percorso attraverso il recupero della memoria, con uno sguardo attento, curioso e mai stereotipato sulla contemporaneità. Un documentario che parlerà di temi universali come il lavoro, l’ambiente, la modernizzazione e lo sport. Racconteremo, senza facili semplificazioni, con equilibrio e ironia, le storie dei figli e nipoti di quei personaggi raccontati da Nuto Revelli ne “Il mondo dei vinti”.